giovedì 19 novembre 2009

Nuovo indirizzo postale

ATTENTION PLEASE:

Da oggi ho un nuovo indirizzo postale:
From today, please use my new postal address:

PATRIZIA MANZONE
P.O. BOX 245
60500 MARSABIT (KENYA)

Grazie, thanks!
A presto!
Buona festa di Cristo Re!

venerdì 13 novembre 2009

Come l'albero del Lookho

Arrivo da un ricco pomeriggio trascorso con le donne di Gar Qasa, cappella poco fuori Marsabit, dove sono andata con Sister Pierina, suora comboniana incaricata dei gruppi femminili parrocchiali.
In questi ultima settimana non siamo andati a scuola perché gli studenti di Standard 8 (la terza media “italiana”) hanno avuto gli esami finali ed è prassi in Kenya che gli altri alunni e i maestri stiano a casa. Oggi pomeriggio (venerdì) invece sono iniziati gli esami finali per tutte le altre classi. L’anno scolastico volge ormai al termine: sabato prossimo è in programma la messa finale con un po’ di festa per i ragazzi e gli insegnanti. E poi vacanza fino ad inizio gennaio!
Le novità però non sono finite: domani verrà scelto il nuovo preside (headmaster) per il Memorial, dopo che James Jarso, l’attuale, ha dato le sue dimissioni per motivi di salute.

E oggi è stato un altro giorno speciale. Quando siamo arrivate a Gar Qasa, nessuno ci aspettava. Era in programma da settimane un incontro con la trentina di donne cristiane dei dintorni… Aspettiamo un po’, intanto facciamo due passi nella vicina manyatta, salutiamo le mamme e i bimbi, che si spaventano della “mia pelle che non c’e’” e scappano via o scoppiano in pianto!
Mi rendo conto come uscendo da Marsabit di pochi chilometri, la vita è completamente diversa. E anche la gente, molto più naturale e spontanea rispetto a quella della città. E soprattutto con la maggior parte non ci capiamo. Loro solo Borana, io al massimo kiswahili… Per fortuna ci sono i catechisti, che fanno traduzione. Anche Pierina sa un po’ il Borana e se la cava, almeno per capire le cose basilari. Con l’impegno della scuola e non avendo un mezzo di trasporto, oltre alle mie gambe, non ho possibilità di visite frequenti in queste out station, che si aprono ad un mondo intatto da millenni… dove la cultura è ancora forte, le capanne tradizionali, i bambini tanti e gli animali fonte di vita. Mi accorgo di come, poco a poco, mi sono adattata ad uno stile di vita “quasi cittadino”: dove entrano commercio e soldi tutto cambia. Ma anche la parrocchia di Marsabit, se escludiamo la cattedrale (che infatti è frequentata maggiormente da persone del sud del Kenya, che lavorano in città come insegnanti o negli uffici governativi o in ospedale), è costituita da popolazioni semi-nomadi, o più o meno stanziali, e mantiene le caratteristiche di missione di prima evangelizzazione.
Ritornate vicino alla chiesina, incontriamo alcune donne pronte per l’incontro e anche il catechista. Non ci sono tutte, ma iniziamo e dato che per me è la prima volta in questo gruppo, vengo presentata e… ricevo un nuovo nome.
Ho già da anni un nome Rendille, che è diventato parte di me ormai e a cui rispondo come quando mi chiamano Patrizia: Hidado. Hidado è il nome di un posto sperduto nel deserto di Kargi… e mamma Maria, quando mi ha visto per la prima volta nel 2001, mi ha detto che sentiva che ero nata nel deserto e che se fossi andata in Italia, un giorno sarei ritornata. Perché una che è nata nel deserto, dal deserto non ci può stare tanto lontana! E così Hidado Dokhe è diventato il mio secondo nome. Nome che è anche appartenenza ad una famiglia, quella di Maria, Ester, Samuel, Sarah, Antonella e James, che si prende cura di me e mi vuole davvero bene. Ma di questa storia scriverò un’altra volta. Perché è una storia troppo bella, di “adozione” e di comunione nella differenza.
Un nome Gabbra ancora non ce l’avevo! Anche se qui la maggior parte della gente è Gabbra o Borana… E allora oggi mamma Tumme mi ha chiamata. Dare il nome per la gente d’Africa ha un significato profondo e si fa per i bambini nelle prime settimane di vita, durante una speciale celebrazione. Mi ricorda l’atto di Adamo, quando Dio gli ha chiesto di dare il nome a tutte le cose da Lui create. E come per la Bibbia, anche per i Gabbra e i Rendille “dare il nome” è “fare proprio, accogliere”. Da estraneo diventi parte di una famiglia. I Gabbra credono che il nome più appropriato da dare ad un bambino è il nome del giorno della settimana in cui è nato e questo perché ogni giorno ha la sua particolare qualità spirituale, che verrà ereditata dal bimbo che nasce in quel giorno. Per ovvie ragioni, sono usati anche altri nomi, soprattutto relativi al tempo, alle feste, alle attività che si stavano svolgendo nel giorno della nascita oppure a particolari circostanze verificatesi durante la gravidanza o il parto oppure nomi legati alle qualità fisiche, psicologiche o morali della persona.
Patrizia Lookho: magra e dritta come il tronco dell’albero del Lookho…
Che poi io sia tanto magra e tanto dritta, beh, non è vero… ma questo è quello che loro hanno visto. E questo è ciò che io sarò per loro… Lookho. Già mi piace!
Così ora ho due nomi: quello di una parte del deserto e quello di un albero.
Un albero in mezzo al deserto… Bella come immagine, no? E’ anche un buon augurio di vita… Un obiettivo da raggiungere e per cui lavorare: essere albero in mezzo al deserto…
Dove “albero” è riparo, ombra e frescura e frutti. E dove “deserto” è silenzio di sabbia e pietre, che nasconde insidie, serpenti e scorpioni mortali, ma anche semi che alla prima pioggia sono capaci di trasformarlo in verde distesa.
Questi non siamo forse noi, unione di deserti e alberi? Far fiorire (o a volte anche solo sopravvivere) quell'albero nel deserto non è una sfida per tutti? :-D

venerdì 6 novembre 2009