martedì 14 settembre 2010

Pillole d'Africa - Quando i nostri piedi camminano nella terra rossa



AFRICA...per tanti un continente come un altro, mentre per alcuni un “SOGNO” da voler realizzare. Ed è stato proprio così che, tra luglio ed agosto, per alcuni giovanotti si è concretizzata l’idea di vivere un’ “esperienza africana”, precisamente in Kenya.
Raccontare e cercare di dare un significato a tutto quello che abbiamo visto e vissuto non è semplice, perchè questa terra, rossa come il fuoco, ha una moltitudine di facce, e questa moltitudine di facce a sua volta ha una miriade di sguardi diversi, e cosa ti fa provare e sentire dipende tutto da come le guardi e da come le interpreti...
In questo mesetto che abbiamo passato in questo paese affascinante sotto ogni punto di vista, ci siamo accorti che è pieno di contraddizioni e di fatti ai quali non riesci a darti una spiegazione, sembra davvero di essere in un altro mondo.
Le domande che ti invadono sono tantissime e non ti lasciano stare..ti assalgono una dopo l'altra e tu non riesci a darti una risposta.
In centro a Nairobi, la vita non sembra esser molto diversa dalla nostra, ma man mano che ci si allontana dai palazzi e dalle strade trafficatissime, TUTTO cambia VELOCEMENTE, la povertà inizia a fare capolino e diventa sempre più profonda ed insolente, fino ad entrarti dentro e scuoterti. In mezzo alle baracche di Korogocho non è stato facile reggere l’impatto.
Da Nairobi però ci siamo allontanati, fino ad arrivare alla VERA Africa, quella dove le comodità come luce, acqua e gas NON son per tutti, dove le strade non son ricoperte d’asfalto, ma da sassi e polvere e che, insieme a buche e animali , rendono il minimo spostamento un’AVVENTURA !
Purtroppo l’Africa è TANTA povertà, che nessuna foto o filmato possono veramente far capire, solamente vedendola con i propri occhi si può iniziare a percepire e conoscere.

Nonostante questo l'Africa è anche tanta allegria, forza, fede, bellezza e serenità, che ti invadono giorno per giorno e lasciano dentro di te un senso di pace..
I suoi colori forti, i suoi odori, le notti dove le stelle la fanno da padrone lasciandoti a bocca aperta, l'aspettare il sorgere e il tramontare del sole, la sua musica..
I sorrisi, le strette di mano, la gente e i loro profumi, i loro mille saluti, la generosità e la loro ospitalità ti spiazzano quasi fin a farti star male e sentir in colpa.
E poi, l’Africa è fatta da MILLE e MILLE visini neri, bambini che con il loro : “How are you ?” cercano di rubare la tua attenzione, un tuo saluto o un tuo abbraccio che li possa rendere, per un istante meno “SOLI”, ricevendo in cambio, una felicità ENORME per gesti che, nella nostra realtà, sembrano ormai andati persi.
Le loro risate e i loro sguardi che ti scrutano e ti studiano quasi fossi un alieno, la loro allegria e vivacità ti entrano dentro senza chiederti il permesso, poco per volta ti penetrano e senza che tu te ne accorga iniziano a far parte di te.
E poi ancora a colpirti sono la forza e la fede dei Padri e delle Suore, dei missionari laici (w Patrizia!) che sono li e che spendono quotidianamente la loro vita per gli altri. Un grazie davvero enorme va a loro, per tutto quello che fanno, per come ci hanno accolti: vi ricorderemo per sempre nelle nostre preghiere!
Paura tanta paura di tornare, guardando dal finestrino dell'aereo già ci manca la sua terra..
È proprio VERO, il mal d’Africa esiste, appena tornato vorresti ripartire, ti prometti e riprometti di tornare e per questo speriamo di poter dire: ARRIVEDERCI continente nero.

Giorgia, Roberta, Francesco, Elena e Selene

mercoledì 1 settembre 2010

All'alba di un nuovo giorno


Ecco che riesco a ritagliarmi di nuovo un poco di tempo con una connessione internet decente e allora proseguo il racconto...

Gli altri due giorni trascorrono in modo meraviglioso. Con il simpatico Matongo, cognato di Richard e professore alle superiori, scopro da dove arrivano le sculture di pietra saponaria , parecchio famose anche in Italia. E mi stupisco per il duro lavoro che ci sta dietro, dall’arte di questi semplici scultori che da un pezzo di pietra informe ti sanno tirare fuori un uomo pensatore, un abbraccio tra mamma e bimbo, un animale, un piatto decorato, un portacandela… E purtroppo capisco che dietro a tutto questo bel mercato, c’e’ chi ci mangia a sbaffo, pagando una miseria questi primi lavoratori della catena produttiva (se paragoniamo al prezzo che noi paghiamo in Italia per una di questa sculture!).

Vivo con la famiglia di Matongo e Mary, sorella di Richard, e le loro due belle bambine, che subito si affezionano, il “katiba day”, festa nazionale in cui viene promulgata la nuova costituzione passata con referendum popolare il 4 agosto.
“Leo amezaliwa Kenya mpya!”: “Oggi nasce un nuovo Kenya”, un giorno storico per questa nazione, un’alba nuova perché, dopo 47 anni dalla liberazione dagli inglesi e la costituzione come Repubblica, oggi la legge base del Kenya è stata fatta ed approvata dai Kenyoti. Con tanti cambiamenti, soprattutto sui diritti umani e sull’organizzazione statale, ma di certo è una strada migliore rispetto a quella percorsa finora. E mi ha fatto effetto vedere tutti i parlamentari e i membri del Governo, presidente Kibaki compreso, sfilare davanti al giudice per il giuramento.

Dopo un sabato notte di temporali e pioggia a catinelle (e mie preghiere perché la pioggia smettesse almeno per due ore, tempo di raggiungere la città senza infangarci fino al ginocchio!), partiamo alle 6.30 da casa rifacendo all’inverso il percorso dell’arrivo. Arriviamo a Kisii dopo un’ora e mezza ed andiamo a messa in una delle parrocchie della città, in una chiesa che assomiglia più ad un salone che ad un luogo di preghiera e poco concilia il raccoglimento. Incontro, per Provvidenza (che qui lavora incessantemente!), una delle suore francescane che lavora in una delle parrocchie della nostra diocesi, Sololo, e così scopro che anche lei è una kisii ed è lì per alcuni giorni di vacanza. Mi rendo conto come, anche per lei, deve essere difficile vivere nel deserto, senza verde e con pochi alberi…
Saluto e ringrazio di cuore Richard e salgo sul primo matatu per Nakuru, dove dovrò cercarne un altro per Nanyuki, dove finalmente mi fermerò nella nostra casa diocesana per dormire e confermare il passaggio per Marsabit. Sono un po’ preoccupata perche’ parto tardi e arriverò di notte, il che non è molto buono per una bianca che viaggia da sola! Ma tutto fila liscio e dopo una veloce cena e una bella doccia, finalmente vado a riposare.
Le avventure vacanziere non sono ancora finite, scoprirò il giorno dopo. Entrambi i possibili passaggi su macchina che avevo per Marsabit saltano. Decido di partire per Isiolo con il fedele matatu e la Provvidenza non mi da’ tempo di pensare che si è dimenticata di me. Infatti incontro alla fermata due suore indiane della congregazione delle Nirmala sisters che conosco bene. Loro sono diretta a Wamba ma, intanto, facciamo un pezzo di strada insieme. Arrivate ad Isiolo, mi accompagnano fino al posto dove partono i bus per Marsabit e poi procedono per la loro destinazione.
Un vento folle carico di polvere e di sole mi ricorda che il verde di Kisii è lontano e che ormai sono entrata nella mia usuale parte di Kenya! C’e’ da aspettare, vado alla locanda che so essere gestita da Borana di Marsabit e subito incontro uno dei maestri della nostra scuola, con cui spenderò la maggior parte della giornata. Tento di andare all’Internet cafe, ma salta al luce e rinuncio. Ritorno al bar e riprendo il mio libro, incurante delle decine di occhi che mi scrutano e trovano decisamente buffa una “mzungu” che saluta in Borana e parla il kiswahili e legge in inglese e parla al telefono in italiano!
Dopo poco, una fragorosa risata e una mano sulla spalla mi fanno alzare gli occhi dalla mia pagina già iniziata una decina di volte: è Silvia Shanu, una signora di Marsabit, sorella del mio vicino di casa Hillary e membro del mio stesso gruppo del Vangelo in parrocchia… Non potevo essere più fortunata: mangiamo merenda insieme e chiacchieriamo fino all’ora della partenza…
E’ la prima volta che viaggio da Isiolo a Marsabit in pullman e quello che vedo salita sopra non mi incoraggia molto: imbarchiamo certo più bagagli, scatole, pacchi, sacchi che persone. Il tutto sopra il tetto del pullman e nel corridoio centrale. Mi siedo e non riesco più a muovermi, ma ringrazio i miei due vicini di posto che sono uomini semplici e non hanno portato roba con loro: almeno abbiamo il posto per mettere le gambe! I bimbi non hanno un posto assegnato e vengono tenuti in braccio se sono piccoli e sistemati alla bell’e meglio tra due sedili o sopra qualche sacco di mais nel corridoio. Partiamo con un’ora di ritardo, perche’ l’autista si accorge che non c’e’ olio nel motore. E poi acqua nel radiatore. E poi benzina nel serbatoio. Mi sembra che la gente, abituata a viaggiare sui camion, seduti sulle barre di ferro del tendone, non facciamo molta differenza con il pullman: lo stile di viaggio è simile, lo spirito idem… Dopo le prime fermate, ancora sulla nuova strada asfaltata, il pullman si svuota un poco e diventa più vivibile e… dormibile. Procediamo bene e dall’autista riesco anche a farmi lasciare proprio di fronte a casa, cosa non malvagia dato che sono le 3.30 di notte!
E così, rieccomi qui, nella mia polverosa casetta, ora vuota dopo le tante settimane di ospiti, di luglio e agosto. L’indomani mi aspetta un incontro in parrocchia in tarda mattinata (su una questione di giustizia!) e nel pomeriggio incontro con i maestri del Memorial, in preparazione al primo giorno di scuola, mercoledì 1 settembre. E una montagna di vestiti da lavare, rigorosamente a mano!
E allora bentornata alla vita quotidiana!