venerdì 27 agosto 2010

Vacanze in Nyanza province


Con sole quattro ore di matatu da Nairobi sono entrata in un mondo che sapevo che esisteva, ma che non pensavo mi toccasse così in profondità’ fin dal primo momento: il paradiso verde di Nyanza province, nella parte ovest del Kenya, vicino al Lago Vittoria. Paradiso che niente ha a che fare con la confusione e l’affollamento di gente, suoni, rumori che mi hanno accolto in Kisii town ieri, appena arrivata alla stazione dei matatu (pulmini).

Aspetto Richard, lo studente che ho conosciuto a giugno a Marsabit durante l’esperienza missionaria della Kenyatta University di Nairobi, che ogni anno invia qualche giovane volenteroso a condividere la propria fede con i nostri giovani. Anche se conosco meglio suo fratello Moses che non Richard: laico missionario che ha lavorato a Marsabit nel 2000-2004, nella scuola Memorial in cui presto servizio io ora. Ora Moses è preside di una scuola primaria a Hola, vicino a Garissa, sempre come laico missionario e quindi non ci incontreremo!

Appena scesa dal matatu, come benvenuto, ricevo una proposta di matrimonio da un mezzo ubriaco che, in mezzo a quella folla, dice che stava cercando proprio me (manco fosse difficile trovarmi là in mezzo: spiccavo come una macchia di caffè su una camicia bianca!). E questa attenzione della gente non si attenuerà nei giorni seguenti e mi farà sentire sempre “ospite”, anche se parlo kiswahili e ci capiamo…

Per fortuna Richard arriva subito e con il suo amico Adalbert andiamo a prenderci una coca. Appena capisco che per arrivare a casa di Richard dobbiamo prendere un altro matatu, mi accorgo di non sapere niente su ciò che mi aspetta nei prossimi giorni: pensavo infatti che abitasse “vicino” alla città, ossia “non lontano”, come mi aveva scritto nella mail prima di partire. E mentre un sorriso mi spunta sulle labbra, ho la consapevolezza che il suo “non lontano” da buon africano poco ci azzecca con il mio “vicino” europeo. E mi preparo ad affrontare un altro viaggio, completamente affidata a chi mi conduce.

Viaggio simpatico su un pulmino da dodici che ospita più di venti persone esclusi bambini e bagaglio (perche è giorno di mercato!) e… per fortuna, noi siamo seduti di fianco all’autista con il nostro spazio assicurato. Una ventina di minuti sull’asfalto. Poi cambiamo mezzo. Saliamo su una Peugeot familiare e in pochi minuti sul sedile di dietro siamo in cinque, e davanti l’autista ne fa accomodare due sul sedile passeggero e un altro praticamente sotto di lui. Non soddisfatto tre signore salgono ginnicamente nel cofano. Un altro quarto d’ora, questa volta su sterrato. Sono già imbambolata a guardare fuori, a immergermi nei bananeti, nel verde brillante del the’ e della canna da zucchero e dei cortili delle case ben curati, quando giungiamo in un villaggetto. E si sono fatte le quattro di pomeriggio: inizio a sentire fame perché con la frugale colazione del mattino a Nairobi alle 6.30, il mio stomaco è vuoto. Non sa che dovrà ancora aspettare 4-5 ore prima di poter festeggiare con un po’ di polenta e sukumawiki e brodo di pollo.

Scendiamo ed andiamo a salutare il papà di Richard che gestisce alcune camere in affitto e per questo non vive con la famiglia a casa. Mi da’ il benvenuto e aggiunge che guardandomi bene, non sono poi così diversa da lui: due occhi, un cuore, una bocca. Solo il colore della pelle è diverso, ben poca cosa rispetto a quello che ci unisce. Mi colpisce immensamente la sua voce calma, il suo buon kiswahili (è un maestro in pensione), la sua pace interiore, la sua estrema semplicità e il suo darsi da fare i suoi 11 figli, la maggior parte dei quali ancora a scuola (e gli altri tutti “studiati” fino all’università’!!!). Mi dice che la casa è un po’ lontanina, otto km a piedi. Oh, che gioia!!!

Ma intanto ecco che arriva Kim, un amico, prende il mio zaino con tutta la mia roba e mi dice di non preoccuparmi. E chi si preoccupa più ormai!

Lasciando da parte fame e stanchezza, l’africana che è in me prende il sopravvento: saluto sorridente chi incontriamo con le spalle leggere e gli occhi inebriati da queste dolci colline cosparse di case, capanne con il tetto di paglia e campi ben curati. E così i Km per casa si rivelano non troppo lunghi, di certo non otto!

E quello che mi attende è un ambiente semplicissimo, ma tipo svizzero: mucche da latte nel recinto di legno e tre casette curate con un bel giardino di fiori, alberi da frutto e prato quasi all’inglese e… niente immondizia in giro! La casa non ha acqua corrente, il bagno e neanche la luce elettrica. I fratelli più piccoli di Richard studiano a lume di una lampada a pannelli solari. Le stanze sono divise da un semplice muro che non arriva fino al soffitto (che non c’e’!)… ma l’atmosfera e la famiglia sono così accoglienti (e non invadenti!) che mi diverto a lavarmi nella bacinella, a usare la latrina tra gli alberi e a dormire accompagnata dai suoni della natura e del vagito del bebè Junior, figlio di Stella, sorella di Richard.

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