venerdì 6 maggio 2011

Italy!


E bagno italiano fu… con un po’ di riposo tra scenari diversi, tra colline di Langa che sbocciavano alla primavera, mare e uliveti di Molfetta (dove abbiamo incontrato don Paolo, la sua accogliente famiglia, i suoi giovani in procinto di atterrare a Marsabit per un’estate diversa e la sua attiva parrocchia!), caldo e verde di Verona in compagnia di suor Pierina e del nettare del Vinitaly, neve di montagna (per Michael la prima volta… come ritornare bambini a 30 anni!) e sorrisi e vite di persone che rimangono care, amiche e vicine nonostante la lontananza fisica. Giorni condivisi tra incontri di gruppi, cresimandi, ragazzi del catechismo, bambini della scuola, un tiro al pallone appena possibile, gruppi missionari, catechisti, incontro con il nuovo vescovo Mons. Lanzetti e la firma del rinnovo della convenzione fino al 2014, interviste per il dvd dell’Azione Cattolica, polentata di Karibuni (con una nutrita combriccola somala che ci ha fatto capire quanto il mondo non ha più barriere, nonostante in tanti gliene vogliano mettere di nuovo, e in un certo senso ci stanno riuscendo!), un po’ di burocrazia e visite mediche e tempo passato in famiglia.

Stare, camminare, viaggiare, scoprire la neve e il mare, salire sulla Mole, sentirsi “turisti” a casa propria o abitanti di lunga data anche se arrivati solo da un giorno… Questo periodo di soggiorno nel Bel Paese, dal 23 marzo a metà aprile, è stato un momento importante per me e Michael, in cui ci siamo dovuti confrontare insieme con una realtà che ci ha fatto invertire le parti tra straniero e cittadino. Nonostante le premesse non fossero state così felici e fino a poche ore prima della partenza dal Kenya fossimo rimasti sulle spine per la fatidica carta d’ingresso per Michael nel “primo mondo”!

La paura del diverso, che continua ad essere venduta (o regalata) quotidianamente dai mass media e da tanti politici nella nostra Italia, a cui avevo preparato Michael, ci ha tolto il fiato fin dal primo momento in cui abbiamo messo piede nell’Ambasciata italiana. Nonostante le lettere di invito e di raccomandazione dei nostri due vescovi di Alba e di Marsabit, l’assicurazione sanitaria pagata e ripagata, la mia presenza nel viaggio di andata e ritorno e l’assicurazione dell’alloggio e delle spese coperte…, la risposta dell’Italia è stata NO. Michael non può entrare. E tanti come lui con il visto negato. Cavilli burocratici, che ci prendono alla sprovvista, vista la facilità con cui l’anno scorso Eva Darare aveva ottenuto il suo visto per l’Italia. Manca il timbro del Nunzio apostolico (il rappresentante del Vaticano in Kenya!), ci dicono. La Chiesa, nonostante tutto, a livello burocratico, è ancora uno Stato, rispettato e “corteggiato”. Per questa volta dico: “meno male”! Comunque, corse matte fino a 6 ore prima della partenza quando, grazie all’aiuto e al paterno sostegno del nostro vescovo Kihara, che la Provvidenza ha portato a Nairobi proprio in quei giorni, siamo riusciti ad avere la chiave per passare la porta stretta. Due notti passate a pregare, sveglia prima dell’alba per evitare il tremendo traffico della capitale ed iniziare le corse tra un ufficio e l’altro, il pianto finale al mattina della partenza: “Ci abbiamo provato, ma non ce l’abbiamo fatta, non c’è più tempo” e poi, invece, la Provvidenza agisce (anche Lei ha i suoi tempi, si sa!): grazie ad una telefonata dalla Nunziatura all’Ambasciata, robe da pezzi grossi, e il permesso del nunzio accordato sulla fiducia del suo vescovo Kihara… eccoci uscire alle 16 del 22 marzo da quel piccolo territorio dello Stato italiano nel centro di Nairobi con in tasca la chiave d’ingresso. Ultime compere, non stiamo più nella pelle dalla felicità, camminiamo per le strade fangose del sobborgo di Nairobi dove vive il fratello di Michael come se fossimo in piazza Duomo a Milano e i nostri cuori sono già in volo, per ringraziare Colui che ha reso possibile tutto questo.
Premesse al nostro soggiorno non così rassicuranti. Un po’ di freddo e ghiaccio, ancora, come primo impatto in alcuni incontri in Italia: “Forse la gente ha paura di me, non mi sorride, non mi guarda negli occhi, ha paura a parlare inglese, perché?”. “Pole pole, Mich… siamo langhetti noi, un po’… “muntagnin”, dacci tempo!”. E il tempo arriva. Sarà per il sorriso che Michael non risparmia a nessuno, sarà per la simpatia che alcuni hanno per le persone africane o forse per il senso di fratellanza e comunione che viene a galla dopo i primi minuti: esce il sole e il giacchio si scioglie, soprattutto con i bambini (direi soprattutto bambinE!!!). Tanto che ci dispiace proprio partire, ritornare, lasciare le cure e il buon cibo di mamma… Ma Erika ci aspetta a Nairobi, per salutarci dopo la sua esperienza di tre mesi nel Marsabit, anche lei con il suo bagaglio di avventure, imprevisti, amicizie nuove, incontri particolari… da raccontare o da custodire.
Dopo la sua partenza e alcune visite ad amici di Michael, mi preparo a ritornare a Marsabit per condividere la settimana santa e la Pasqua con la comunità dell’altopiano e dei suoi dintorni. Lascio le valigie, troppo ingombranti per il viaggio, alla procura di Nanyuki, con preghiera di spedirle su una macchina appena possibile e accetto un passaggio su una macchina della diocesi, molto affollata ma calorosa. Michael continua una full immersion a Nairobi, con gli altri laici missionari del suo gruppo.
Pasqua serena, pranzo con Darare e i suoi variegati ospiti, campo scuola per adolescenti in parrocchia con 120 ragazzi provenienti dalla nostra grande parrocchia, preparazione per riprendere il lavoro alla scuola…
E…siamo benedetti dalla pioggia, un’intera nottata con grande temporale. Pioggia attesa da tanto, pioggia che doveva essere lunga un mese e si limita ad una notte. La gente comunque esulta. Non sia che, proprio quella notte, Michael ha programmato il suo viaggio di ritorno a Marsabit e poi a Maikona con il famoso bus che ci collega ad Isiolo. Il fango è troppo; già in forte ritardo il bestione si impantana e lascia a piedi per ore i suoi ospiti, a 20 km da Marsabit. Parecchi tra i fortunati viaggiatori si incamminano a piedi e dopo tre ore nel fango raggiungono il centro. E così anche Michael. Una bella doccia (beh “doccia” si fa per dire, senza luce elettrica per quasi un mese, non posso pompare l’acqua dalla cisterna e quindi… lavaggio a pezzi!), il chai bollente, un po’ di riposo… e ci godiamo le ultime ore di “vacanza” insieme. Consapevoli di avere una Certezza dentro, che mai avevamo sentito così forte. Certezza che ci impegna, ci fa felici e ci spinge a ringraziare.

Il tempo di solitudine, dopo la partenza di Michael, non dura troppo. Festeggiamo il matrimonio di Joseph, mio vicino di casa e impiegato nei progetti di sviluppo della diocesi, con Stella, figlia del catechista di Kargi, tra canti, balli, organizzazione un po’ “holliwoodiana” e una buona capra! E poi… alla riapertura delle scuole, ecco il nostro piccolo nomade Adano tornare dal deserto con tante cose da raccontare, ma senza un posto dove stare, fino a quando il collegio non riaprirà (a discrezione del preside, che sembra si sia dimenticato di ordinare il cibo e la legna per il fuoco, ops!). Il letto si prepara in un batter d’occhio e divento mamma fino a data da destinarsi.
Come inizio del nuovo trimestre non c’è male!

1 commento:

  1. Mamma Patì! che nostalgia!
    come sta Adano? Dagli una strofinata sulla testa da parte mia!
    Ho letto il post di un fiato e mi è venuto un magone... sentire della pioggia, sapere che alla fine è arrivata... mi sembra di essere lì. E invece sono qui a tentare di dare forma ai tre mesi in quel posto speciale che è Marsabit, che può sembrare un "pustaciuss" ma poi ti prende il cuore e non se ne va mai!
    Abbraccia Michael, siete speciali voi due!! mi mancate, mi manca pure l'ugali power...
    baci!!

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