"Ondoka (ewe) Bwana harusi tembea wakuone,
ondoka (ewe) Bibi harusi tembea kwa maringo.
Njoo kwangu nikueleze neno moja toka moyoni mwangu:
nimekuchagua wewe, wewe wangu wa maisha,
tangu leo mimi na wewe ni kitu kimoja".
"Mio Sposo, vieni,cammina così che ti possano vedere;
vieni mia Sposa, cammina con stile.
Vieni da me, ti dirò una parola che arriva dal cuore:
ho scelto te, te per sempre,
da oggi io e te siamo una cosa sola".
Siamo ancora in Quaresima, ma a noi sembra gia’ di vivere la Pasqua di Risurrezione.
Non è facile ri-iniziare a scrivere dopo questi intensi giorni: è la consapevolezza di non poter raccontare il profondo, ma solo vivere. Intensi, certo: sono l’inizio di una vita nuova, una vita di coppia e di famiglia che sarà per sempre e allo stesso tempo sono continuazione di ciò che avevamo sempre desiderato, sognato, amato, vissuto. L’inizio di un compimento, che racchiude al suo interno tutto il gusto del “già”.
Benedetti con la presenza speciale della Madonna di Lourdes, giorno della Sua festa per la Chiesa Cattolica, oltre che con la presenza di tanti amici, di tutti i colori: Kenyoti, del sud e del nord, italiani, messicani, indiani, rumeni, spagnoli, tedeschi… Il mondo non è poi così vasto, sembra; in Cristo diventa UNO, così come lo siamo diventati noi: Patrizia e Michael. Due lingue, due storie diverse, due colori, due continenti, due persone che non si sarebbero mai incontrate se non ci fosse stato Gesù Cristo. Ma anche due persone con una sola grande missione: quella dell’amore. Entrambi decisi a dedicare il nostro tempo al servizio degli altri e del Vangelo, come missionari laici; entrambi forti abbastanza da lasciare il conosciuto per lo sconosciuto; entrambi con la consapevolezza di essere oggetto di un dono o di grandi doni e con un enorme grazie da dire a Dio per ciò che abbiamo ricevuto e riceveremo.
Non possiamo che celebrare questo regalo che abbiamo scelto, ma che allo stesso tempo ci ritroviamo tra le mani, pronti a continuare a testimoniare e a seguirLo, come singoli, come coppia e come famiglia.
Quel giorno, le cose sono state semplici, come avevamo desiderato, all’insegna della gioia e della festa. Alcuni giorni prima ecco arrivare la delegazione albese, guidata dai miei genitori, da mia sorella Mirella e dal suo fidanzato Simone, da don Gino e don Rinino, con una nutrita squadra di giovani e non, alcuni amici (tra cui la mia maestra delle elementari), altri conoscenti, altri sconosciuti (ma adesso non più)… per un totale di 20 persone. Tra le ultime cosette da fare (aggiustare la pompa dell’acqua per farsi un doccia almeno per il giorno del matrimonio; cambiare il letto da singolo a… “quasi matrimoniale”, disegnato da noi su misura, seguendo le promesse infinite di consegna del nostro falegname; fare lo shopping per il pranzo di nozze; dedicare un po’ di tempo agli ospiti; miniritiro spirituale di una mattinata; manicure e pedicure all’ennè, una controllatina ai vestiti da cerimonia, anche questi di nostra ideazione…), il tempo veramente vola, conducendoci alle porte del grande giorno. Con una rilassante cena al Pastoral Centre con gli amici italiani celebriamo il nostro addio al nubilato e celibato e ci prepariamo all’ultima notte da “single”: io a casa mia (quella che diventerà casa nostra) e Mike in parrocchia con il nostro testimone Felix e i suoi fratelli, familiari e amici da Nairobi. E se mentre la futura sposa dorme sonni tranquilli, il futuro sposo aspetta fino alle 2 del mattino l’arrivo della delegazione nairobiana, rimasta a piedi a 15 km dalla città, aHula Hula, per un guasto all’auto affittata per l’occasione! “E’ un vero matrimonio stile africano”, penso dopo aver saputo dell’accaduto: e di fatti iniziamo l’avventura!
Genitori, sorella e moroso bussano alla mia porta subito dopo l’alba, e in un momento mettono a soqquadro la casetta, che si adorna di palloncini e nastrini in men che non si dica. Vestito, scarpe e acconciatura della Parrucchiera Mirella e il gioco è fatto. Ecco la nostra testimone, Christine: arriva puntuale e bellissima, pronta per salire in macchina e andare in chiesa, la Cattedrale di Marsabit, dove ci atte
ndono le damigelle d’onore (il mio gruppo del Vangelo), tutte super vestite in tono e orgogliose del loro ruolo e le nostre bimbe dei fiori (ops… fiori non ne avevamo, quindi abbiamo usato eleganti nastrini a forma di… mazzo di fiori!): Qabale da Maikona, Guyato delle Suore Missionarie della Carità, Chuku del nostro gruppo del Vangelo e Margaret, nipotina di Mike, figlia del fratello Hamisi e Shirò. Dopo un veloce saluto alla delegazione “femminile” maikonese, in processione, a braccetto di mio papà che non sa più che dirsene di tutto questo movimento, ci rechiamo di fronte alla chiesa, dove incontro Michael, teso come una corda di violino, che quasi
si dimentica di salutarmi tanto ansioso e nervoso è! Anche i sacerdoti, giunti da tutte le parti della diocesi e da… oltremare, sono pronti, guidati dal Vescovo Mons. Kihara che celebrerà il sacramento con noi.
Le “Upendo Girls”, vestite per l’occasione, aprono la processione all’altare, danzando al ritmo del canto d’ingresso “Harusi” – “Matrimonio”, magistralmente cantato dal nostro coro della cattedrale. E sulle parole “Bwana harusi na bibi harusi, leo mmefunga ndoa ya maisha., Kaeni kwa amani kidededede” (Sposo e sposa, oggi suggellate le nozze della vita. Vivete in pace e con gioia), Michael arriva all’altare con Felix e zia Lona. Ora cammino anche io nella navata centrale. Non vedo nessuno, mi viene da cantare, guardo il crocifisso e il tabernacolo e il mio cuore dice grazie, “grazie perché per dono gratuito avete scelto me”. Gesù e Mike, per dono gratuito han scelto me. Mi sento piccola davanti a questo miracolo, ma piena di gioia. Il vescovo ci accoglie di fronte all’altare e poi passa il microfono ai nostri accompagnatori: a zia Lona e a Felix, a mia mamma e a mio papà per le ultime parole ai loro “bambini”, l’ultimo augurio, le ultime raccomandazioni. Ora, mi viene il groppo in gola e le lacrime fanno capolino ma… Michael mi accoglie tra le sue braccia e ci sistemiamo al nostro posto, all’inginocchiatoio magistralmente preparato dalle Charity sisters, così come tutto l’abbellimento della Chiesa.
Inizia la celebrazione, che mi dicono essere durata tre ore, in un misto di tre lingue: kiswahili per i canti e la liturgia della Messa, italiano per il vangelo e un po’ di predica, inglese per il rito del matrimonio! Sento forte e di fuoco la presenza di Cristo nella Parola, con il suo
Spirito: mi tocca il cuore e Lo riconosco tra di noi. Il vangelo di Giovanni che abbiamo scelto insieme e su cui abbiamo pregato ci rivela la verità su di noi e sul nostro donarci: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me”. Sogno di una vita per la vita, la nostra. Il desiderio di UNITA’ che da sempre ha abitato il mio essere, che mi ha spinta fin qui, è ancora quello che ci guida su questa nuova strada. La presenza di persone particolari ci fa sentire uniti anche a chi non ha potuto partecipare, ma sta pregando per e con noi. Il mondo ci sembra gigante e tutto contemplabile, allo stesso tempo e si rivela in un colore nuovo, unico.
Ci promettiamo di essere “veri” l’uno con l’altra sempre, in bellezza e difficoltà, in malattia e in salute e di amarci e rispettarci come creature uniche e dono di Dio, tutti i giorni della nostra vita. Coronati da un anello come segno, dono dei miei genitori, salutiamo i parenti e gli amici più cari, la prima volta come famiglia unita in Cristo. Gli alunni della scuola, tutti in uniforme, danzano e cantano con noi nella processione delle offerte. Dopo la fine della Messa, è un tripudio di gente, festa, colori, canti… e confusione! C’è un camion pronto per trasportare gli ospiti (invitati e non, non importa, ci sarà riso, spezzatino e coca cola per tutti!) alla scuola “Fr. John Memorial”, in cui si continuerà la festa. Non ci sembra vero!!! Andiamo al Santuario Maria Mfariji per alcune foto ricordo, lassù sul tetto del mondo, guidati dal nostro driver d’occasione Sr. Christine.
Quando arriviamo alla festa, la maggior parte della gente ha già mangiato, ringraziando l’impegno delle signore della parrocchia ai fornelli, ed iniziano subito gli intrattenimenti. Dai bimbi delle suore di Madre Teresa, alle ragazze di settima della nostra scuola che ci stupiscono con canti scritti da loro e una poesia di fine bellezza, dalle donne di Maikona, che ci benedicono in Gabbra con alcuni canti tradizionali, alle donne di Milima Mitatu, il Turkana Shelter Women group, che fanno ancora più bella la nostra festa. Poi il nostro gruppo del Vangelo, a cui ci uniamo per il ballo e dulcis in fundo, “Marieme, voi marieme” dei nostri piemontesini belli, che raccolgono applausi a non finire. Non smettiamo più di ridere, dopo che cerco di tradurre in inglese dal piemontese per mio marito e i testimoni. E’ il momento dei regali, un’infinità tra set di bicchieri, copriletti, lenzuola, casseruole, termos, gioielli Rendille e un gallo vivo (per la gioia di mio papà!), e del taglio della torta, magistralmente preparata da Nadia e dalle sue valide collaboratrici con il supporto tecnico di Henry e di sua moglie.
Colmi di nuova energia e di una straordinaria gioia, siamo accompagnati a casa, che lasciamo
dopo poco, alla volta del Pastoral Centre per finire con una cena tra… famiglie: quella mia e quella di Mike. Tra un buon bicchiere di Barolo e un confetto, terminiamo la serata in bellezza, ancora guardandoci e chiedendoci se siamo davvero sposati, se non sia stato tutto un ricco e veloce sogno!
Ma il matrimonio non è ancora finito: il giorno dopo partiamo presto per raggiungere Maikona, dove gli amici di Michael e i vari gruppi sono pronti per le nostre “seconde” nozze, in forma breve. La nostre sedie sono pronte di fianco all’altare e il parroco, padre Eugenie, ci dà di nuovo la sua benedizione e di nuovo ci scambiamo gli anelli. Purtroppo non abbiamo molto tempo per salutare tutti: terminiamo la visita con un altro “pranzo di nozze” – capra questa volta – preparato dalla parrocchia. Ci manca la festa tradizionale, i canti e la spontaneità delle donne… ma – ci diciamo – sarà per la prossima volta…
Al tardo pomeriggio siamo di nuovo a Marsabit. Incontriamo mamma Maria, appena arrivata da Kargi: più o meno capiamo che non c’erano macchine che venivano a Marsabit il giorno prima e quindi non è potuta venire alla festa. Ma vuole darci una pecora e salutare i miei genitori.
La stanchezza inizia a farsi sentire. Ma non c’è ancora tempo per riposare: l’indomani sveglia prima dell’alba alla volta di Nairobi con la mia famiglia. Sono pronti per il volo di ritorno e noi per la nostra “pseudo” luna di miele, in Uganda, per visitare le altre sorelle della mamma di Mike… Ma questa, poi, è un’altra storia!
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