martedì 9 giugno 2009

Hii ni kazi ya Mungu...

Dopo un mese pieno camminando per le strade di Marsabit, con volto occhi e piedi pieni di polvere e mani impegnate a sistemare quella che e' diventata la mia nuova casa... venerdi', sabato e domenica scorsi finalmente ho avuto la bella occasione di tre ore di viaggio... per raggiungere Sololo e gli studenti delle Secondary School.

Tre giorni circondati da verdi montagne, oltre le quali giace quella bella nazione chiamata Etiopia, e sorridenti volti di ragazze e ragazzi, che cantando e ballando hanno creato il clima di festa.
Le 22 ragazze cristiane (in una scuola-boarding, cioe' residenziale, dove ci sono 150 studentesse) facenti parte del gruppo di Azione Cattolica (anche se non tutte sono... cattoliche) hanno accolto i 30 ragazzi di Moyale, 2 ore di strada da Sololo e gli studenti della adiacente scuola per ragazzi.
Abbiamo parlato, riso, discusso... anche se il primo gruppo del mattino e' stato un po'... freddino: dopo la presentazione, poco per volta, cercando di coinvolgerli nei vari temi proposti, il clima si e' scaldato e... alla sera, tra un canto e un saluto, saranno andate a dormire dopo mezzanotte!
La nostra equipe era variegata e colorata come sempre: oltre alla sottoscritta, c'erano padre John, keniota, e brother Semplicio, comboniano filippino, e alcuni insegnati del posto... Questo e' la nostra prima parola: prima di dire, di insegnare, di condividere o di spiegare, quello che si puo' vedere e' che siamo un gruppo "mondiale", ma che riesce a lavorare insieme (o almeno ci prova davvero!) e lo fa cercando di accogliere le ricchezze di ognuno e di smussare le differenze! Questa e' la testimonianza che piu' mi piace, che va oltre al mio "broken English" o al mio "brloken Kiswahili", al mio umore e ai miei sentimenti del momento, ma dice tutto quello che deve dire. Siamo diversi, ma lavoriamo insieme, ridiamo, ci arrabbiamo, cerchiamo,..., ci arrampichiamo su questa via in salita che e' la collaborazione con l'altro.
La Chiesa come comunita', il messaggio del Papa ai giovani, la vita di San Paolo come nostro testimone di fede, la riflessione sulla nostra vita, le caratteristiche di un gruppo cristiano giovanile... Ancora mi risuonavano nella mente le mille parole e le mille note che avevano accompagnato la nostra giornata quando, seduta su uno scalino della scuola, mi si avvicina una studentessa e iniziamo a parlare... "Sono di Marsabit, Manyatta Jillo - mi racconta -, sono in Form 1, ho finito la scuola primaria a dicembre"... E poi entriamo nella questione pioggia, acqua e connessi, problema che realmente affligge tutti noi... "La pioggia non verra', temo che non verra' - mi confida. Le chiedo perche'. "Dio non la mandera'. Non vedi? Continuiamo ad ucciderci, ad odiarci perche' apparteniamo a tribu' diverse... Io qui nella scuola vivo tutto l'anno con amiche e studentesse provenienti da ogni parte del nord del Kenya, diverse lingue, diverse culture, diverse tradizioni... eppure stiamo bene insieme e siamo amiche. Arrivo a casa per le vacanze e mi dicono che devo odiare i Gabbra perche' ci hanno fatto questo e quello... Ecco perche' il Signore non ci manda la pioggia. Perche' non vogliamo la pace".
Non commento, mi limito a riflettere sulla sua risposta, andando oltre al fatalismo contenuto nelle sue parole. E prometto a me stessa che tutte le volte che sentiro' qualcuno dare come spiegazione a qualsiasi disastro o situazione o morte la solita frase "Hii ni kazi ya Mungu" (questo e' lavoro di Dio, e' opera di Dio), rispondero' "Hii ni kazi ya watu", questo e' lavoro dell'uomo, della gente. Prendiamoci le nostro responsabilita'. Alziamo la testa per lottare, senza pensare che tutto viene da Dio. Questa e' una bella scusa. E questa e' la causa di tanto stagnantismo, di tanta arrendevolezza, che tante volte mi fa ribollire il sangue nelle vene... e che confina il cambiamento e il cammino verso la giustizia nel nostro orticello di casa...

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