sabato 29 agosto 2009

Privacy da nomadi!

Ci siamo.
Una freccia in pieno cuore.
Mi sembrava che la mia “inculturazione” andasse troppo liscia e che la convivenza con queste persone che qui incontro e con cui vivo fosse troppo “pacifica”!!! Ma ecco che mi sono dovuta scontrare con uno dei presupposti piu’ basilari della cultura nomade: il concetto di privacy. Totalmente diverso dal mio di “mzungu”, di occidentale. E’ difficile parlare di privacy quando tutto e’ di tutti: la capanna di tua zia e’ anche la tua capanna; gli animali di tuo zio sono anche i tuoi, fan parte della famiglia. Anche il concreto spazio fisico che ti separa da un’altra persona non esiste. Il tuo spazio e’ il mio spazio. Anche quanto i tuoi genitori cercano un momento di intimita’, beh… difficile che nella capanna siano da soli: i bambini sono li’ che quasi dormono nello stesso letto… Privacy e’ intesa diversamente. E non e’ da pensare che condividano tutto con tutti. Assolutamente no! Ma non e’ neppure da pensare che se una persona vive in citta’, se vive a Marsabit invece che a Maikona o Kargi, in una casa in muratura e senza avere animali vicino a casa, e magari guida pure la macchina ed e’ andata all’universita’… ecco, non si puo’ pensare che questa persona non sia piu’ un nomade. Lo e’ perche’ e’ nel suo sangue. Lo e’ fin nel midollo. E il concetto di privacy fa parte di questo universo culturale che e’ insito in ognuno. Io ho imparato, senza saperlo, ma vivendolo ogni giorno, non solo nella mia famiglia, ma anche in parrocchia, tra amici, a scuola, in tutta la societa’… ho imparato che se metto il tappeto davanti alla nostra porta di ingresso nessuno lo togliera’. Che se lascio il mio libro sul mio banco nessuno ha il diritto di prenderlo. Che se il mio vicino di banco in Chiesa sta usando un libretto dei canti io non andro’ a prenderglielo dalle mani per usarlo io. Ho imparato che se semino qualcosa nel mio orto dietro casa, anche se non c’e’ il filo spinato, nessuno verra’ a raccogliere la mia verdura. Perche’ e’ chiaro che quel pezzo di terra e’ stato coltivato da me. E quella e’ mia proprieta’. Mai pensero’ che il mio vicino di casa portera’ le sue capre nel mio giardino o orto e tanto piu’ lascera’ loro mangiare le piante seminate. Di certo, se ha bisogno di erba per i suoi animali, mi chiedera’ il permesso. E questo vale anche se abito in un condominio o in un gruppo di case.
E questo pensavo che valesse anche quando davanti a casa mia, qui a Marsabit, proprio appena fuori dalla porta, attaccato al mio marciapiede, ho seminato alcune piante di zucchini, di zucca e di insalata. E dietro casa una pianticella di avogado. Non erano solo per me. Erano per il compound. E anche per arricchire con un po’ di bellezza e di verde il nostro cortile, questo dovrebbe far piacere a tutti. Quando sono tornata da Nairobi, dopo qualche settimana di assenza, durante la quale Martin, il mio vicino di casa, si e’ preso cura delle piante… non ho trovato piu’ niente. Tre giorni prima che arrivassi, i ragazzi che ci sono nel compound, giocando a calcio, hanno calpestato tutto e la gallina dell’atro mio vicino ha finito la frittata! E oggi arrivo a casa nel pomeriggio da scuola e mi trovo il cortile (che e’ comune con altre 12 casette, tutte della diocesi, date ai lavoratori degli uffici pastorali diocesani) invaso da mucche. Pensando al mio povero alberello di avogado, mi affretto ad andare dal pastorello, che e’ un ragazzo di prima superiore, figlio della responsabile dei gruppi femminili diocesani (cioe’ non sto parlando dell’ultimo morano mai uscito da Maikona), e gli chiedo se puo’ fare attenzione che le mucche non lo mangino. Rientro in casa e dopo poco esco di nuovo per portargli una banana e vedo tutte le mucche pericolosamente vicine al mio alberello. Gli ricordo di fare attenzione. Rientro in casa. Non erano ancora passati 5 minuti e lui viene a chiamarmi per dirmi non so che cosa, un ragazzo e’ arrivato e ha tirato una pietra e ha spaccato l’alberello e allora lui lo ha dato da mangiare al suo vitellino… Una balla grossa come me, ovviamente. Lui non era attento e la mucca si e’ pappata le uniche foglie verdi del cortile!!! E cosi’ anche l’ultimo verde sopravvissuto ai ragazzini, e’ finito male.
Mazzinga, che rabbia! Mi hanno finito tutto! Neanche avessi piantato in mezzo alla strada o davanti alle loro porte! E nessuno che si avvicini a parlarne o a chiedere scusa o a sgridare i ragazzi per quello che han fatto! Chiamo James, che e’ il responsabile di tutti gli uffici pastorali, laureato con master. Ammette che i suoi ragazzi c’entrano qualcosa, ma che andranno presto a scuola. Gli spiego, cosa ovvia per me, che io non lo sto dicendo per me, io posso ripiantare le mie verdure. Ma e’ bene che i ragazzi siano educati bene e che capiscano che prendersi le proprie responsabilita’ e’ un passo per crescere e che il rispetto dovuto aAggiungi immagine ogni persona e cosa, sia tua sia degli altri, e’ un valore importante per noi uomini e poi per noi cristiani. Il papa’ va a casa; dopo poco arrivano i tre ragazzini chiedendomi scusa. Con tono calmo e dolce, chiedo loro se a loro piace la verdura. Mi dicono di si’. Chiedo loro se avessero visto come crescevano bene quelle piante. Altra risposta positiva. Purtroppo non potremo mangiare niente insieme perche’ non ci sara’ raccolto. Rimangono male. Intimiditi. Cosi’ come i frutti dell’avocado. Non sarebbero stati solo per me, ma per tutti quelli del cortile.
Ci riprovero’ un’altra volta. Un altro avogado sta gia’ crescendo in casa. E altre sementi sono nel mio armadio. Ma per ora aspetto che riaprano le scuole. Giusto per dare una chanche in piu’ ai semi di germinare… in pace e con un po’ di privacy!

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