martedì 13 ottobre 2009

Segnare dentro

Un misto di stanchezza e rabbia, quella che nasce dal senso di impotenza, posso intuire in questi giorni nel mio cuore. Sentimento nuovo, che in questa terra africana non mi fa nemmeno venire in mente di combattere o lottare, ma è impastato con ciò che respiro ogni giorno: arrendevolezza. Bene o male, bello o brutto, é quello che vuole Dio – é quello che si pensa e si dice qui, tipica filosofia musulmana, che spegne ogni fuoco di ribellione o riscatto. E a volte é proprio questa arrendevolezza che mi mette rabbia dentro. Forse per la mia indole combattiva e difensiva, pronta a lottare prima di accettare.
Aspettiamo la pioggia tra pochi giorni (gia' ha piovuto un po' di ore, e questo e' di buon auspicio!) e intanto arriva quel che si chiama “relief food”, il cibo mandato dal Governo alle famiglie povere. È distribuito gratis. Tanti lo ricevono e in questo momento arriva come benedizione in molte famiglie della città, che hanno perso per strada la forza e la condivisione della comunità e del clan e che nella modernità cittadina non hanno trovato altri valori da sostituire a questi. E se ne rimangono così doppiamente poveri. Doppiamente miseri. Bene, …, o forse un po’ meno bene, quando andando al mercato, trovo questo cibo sui banchi dei negozi. Il cibo destinato ai poveri non è stato distribuito tutto, evidentemente, o è stato distribuito male… E noi che si fa? Si è costretti a COMPRARLO, anche per nutrire i ragazzi della scuola della parrocchia, perché non se ne trova altro. Insomma, copriamo il cibo dei poveri (che doveva essere dei poveri) per… ridarlo ai poveri! Certo, che razza di giustizia é mai questa!
E la stessa cosa succede con l’acqua che il governo dovrebbe dare gratis, due volte il trimestre, ad ogni scuola, pubblica o privata. Di acqua ne arriva un camion solo… Non fatemi pensare dove si è perso l’altro… Venduto, o regalato a qualcuno che nella sua casa con il tetto di tegole (rare qui in Marsabit), con un’auto parcheggiata in giardino, ci sta già da pascià. E come si dice… i ricchi sempre più ricchi…
Per fortuna qualcuno inizia a parlare e a denunciare, almeno a parole, quello che sono i fatti, che tutti conoscono. Non è ancora la soluzione ad una società e ad un Governo corrotto, ma almeno apre uno spiraglio.

E poi ogni giorno, prendo più coscienza del “particolare” rapporto tra uomo e donna, cioè tra marito e moglie. E oggi per poco non scoppiavo a piangere in faccia ai maestri, durante il pranzo al Memorial, quando uno di loro, originario di Marsabit (gli insegnanti – per fortuna – arrivano da tutto il Kenya e ciò permette un buon equilibrio), raccontava di come un marito si fa rispettare dalla moglie. “E guai se alla sera lei va a dormire prima di me, o se mi butta lì il piatto sul tavolo, così, questa è totale mancanza di disciplina. Se le prende. Se le prende, con ragione o senza. Qui la donna sa che se riceve botte dal marito, é amata da lui. É un modo di amare”. L’unica insegnante donna (arriva dal sud del Paese), oltre a me, ha chiesto: “E tua moglie cosa dice?”. “Mia moglie, cosa deve dire? Sta zitta!”. Ho sentito raccontare mille volte queste cose, ho visto donne con i segni visibili di questo… “affetto” coniugale… ma oggi, conoscendo il maestro e la sua famiglia, mi e’ venuto un groppo in gola. E a stento ho trattenuto le lacrime. Non ho avuto la forza di aprire bocca. Ho solo pensato a quanto stanca può arrivare la sera una mamma di Marsabit (se penso che la mia stanchezza è già tanta, pur badando poco alla casa, al cibo e senza bambini miei), con il pensiero di dove andare a procurarsi l’acqua e la legna per il fuoco e guardare i suoi figli… e questa mamma ha l’OBBLIGO (perché è un obbligo culturale e sociale) di far trovare l’acqua calda per il bagno al marito al suo ritorno a casa (dal lavoro, dal bar o da qualsiasi posto…!) e il cibo pronto. Il marito deve mantenere la famiglia, ma non sempre lo fa… e nessuno “gliele da’ di santa ragione”!
Forse la cosa che mi ha urtato di più è stata quella che di mezzo ci ha messo pure la religione: “Perché noi cristiani”… Noi cristiani?!?!? Ti prego, lascia stare in pace Cristo. Qui non c’entra niente e se tu pensi che agendo così, continui ad essere cristiano, non hai idea di che cosa significa essere “di Cristo” oppure hai davvero avuto un esempio terribile di Chiesa e di fraternità cristiana!
E’ soprattutto nel contesto matrimoniale che sento una forte necessità di redenzione e liberazione. Questo modo di pensare e di agire è una schiavitù, per molte moglie e per altrettanti mariti, che non vivono appieno il profondo significato di darsi l’uno all’altra per tutta la vita, di un amore che va altro all’obbligo e al soddisfacimento dei bisogni umani! E’ qui che sento che Cristo e il Vangelo potrebbero davvero rinnovare, cioè fare nuovi, i rapporti umani, soprattutto nel matrimonio. Qui Cristo ha spazio per liberare e per ridare dignità ad ognuno. Qui c’è necessità di lasciarlo entrare…

Se solo apro gli occhi sulle ultime coppie che si sono sposate in Chiesa in questi mesi, so che i begli esempi ci sono e parlano chiaro. Come quello di Gabriel e Teresa, che hanno celebrato il loro matrimonio il 20 settembre. Gabriel, originario dell’Etiopia, ma emigrato a Marsabit con la sua famiglia quando era piccolo, non ha avuto paura a scegliere Teresa, Gabbra di Bubisa, unica cristiana nella sua famiglia, rimasta recentemente orfana di padre e madre. Gabriel, che ha avuto il coraggio di prendere in braccio Teresa (mai si è visto pubblicamente una cosa così qui: tu sei libero di fare tutto in casa tua, ma fuori marito e moglie si comportano come “vicini di casa”, rapporti più che politicamente corretti e… distaccati, è un dato di fatto, culturale), per farla scendere dall’auto e portarla dove gli invitati aspettavano per il pranzo.
Metto qui la foto delle loro mani. Perché siano segno di speranza per tutte quelle donne che non hanno mai conosciuto Amore dal loro partner. Siano segno di speranza anche per noi che andiamo in giro per le scuole a parlare, a condividere con i giovani delle superiori… perché non ci stanchiamo mai di “in-segnare”…: SEGNARE DENTRO qualcosa di Buono e di Bello per la loro vita. Che non viene da noi, dalla nostra cultura o istruzione, ma viene da più in alto o… forse da più in basso, dalla comunanza del nostro essere umani e del saperci creature originali e uniche nella storia del mondo.

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